IL PROGETTO MACINE RACCONTA I CINEMA CHIUSI DI ROMA
Metropolitan, Paris, Missouri, Impero, Augustus, Quirinale, Sala Troisi, Airone, Apollo. Questi sono solo alcuni dei nomi dei cinema chiusi di Roma il cui numero ammonta a più di quaranta. Alcuni sono chiusi, altri sono stati adibiti ad attività commerciali. Ad ogni modo sono più di quaranta occasioni perdute per l'arte e per la cittadinanza.
In collaborazione con la facoltà di Architettura dell'università la Sapienza viene realizzato nel 2013 il docufilm Fantasmi Urbani – Inchiesta sui cinema chiusi di Roma e viene presentato durante il Festival del Cinema di Roma presso il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secoloDa questo dato inizia nel 2011 il progetto MACINE promosso da un gruppo eterogeneo di ricercatori con l'obiettivo di segnalare la presenza di edifici architettonici, potenzialmente destinabili alla produzione e fruizione culturale, che l’assenza della proprietà o della gestione sottrae di fatto alla cittadinanza.
Ho incontrato e intervistato Silvia Sbordoni, una delle artiste aderenti al progetto MACINE.
Come nasce l’idea di occuparsi dei cinema chiusi di Roma?
L’idea nasce da un percorso più lungo, a partire dall’esperienza con il collettivo TRAi (gruppo di artisti del quale ho fatto parte per 5 anni) e da tutta una serie di riflessioni sullo spazio pubblico: eravamo in uno scantinato umido e buio di un luogo autogestito a ragionare sulla bellezza e sulla possibilità di creare un network di luoghi funzionali alla produzione artistica, il progetto si chiamava SLOT c/o (era il 2011) e prevedeva quindi la riqualificazione e la modifica di uno spazio attraverso interventi strutturali ed artistici e l’avvio di attività finalizzate a costruire ipotesi di riuso di quegli ambienti. Molto difficile riassumere l’importanza che quella esperienza ebbe per me, in ogni caso a partire da quelle riflessioni decidemmo poi di occuparci anche della problematica dei cinema chiusi, in quanto luoghi culturali in dismissione, ovvia metafora della perdita dell’importanza degli spazi adibiti alla fruizione e alla produzione culturale, quindi alla bellezza. Era un’esigenza per me in quanto artista assumere una posizione politica, non intesa in senso di militanza o appartenenza a un partito, ma come l’assumersi la responsabilità di avere un punto di vista critico rispetto al contesto in cui si vive e lavora, questo il senso del progetto MACINE, in cui la bellezza vuole diventare strumento sociale, produrre consapevolezza e, nello specifico, portare all’attenzione della comunità, una tematica di cui allora si parlava poco, pochissimo.
Qual'è l'obiettivo del progetto MACINE?
MACINE è un progetto d’arte che ha come tematica quella dei cinema chiusi di Roma, in questo senso l’obiettivo è anche informativo. E’ in continuo aggiornamento la mappa dei cinema chiusi, un censimento di tutti i cinema di Roma e delle loro trasformazioni, che in oltre verrà lanciata a breve su una nuova piattaforma on-line che la renderà più fruibile agli interessati. A partire dalla mappa è nato un rapporto di collaborazione con La Sapienza di Roma, gli studenti del Prof. S. Curcio infatti hanno utilizzato la nostra mappatura e hanno poi realizzato 13 video-inchieste su alcuni dei cinema chiusi di Roma, materiale sulla base del quale è stato costruito il film documentario “Fantasmi Urbani - inchiesta sui cinema chiusi di Roma” di cui sono co-autrice insieme a Christian Ciampoli, artista visivo, che è come me l’ideatore, curatore e coordinatore del progetto MACINE.
Mi racconti un dato, un aneddoto, una scoperta che ti è rimasta impressa?
Il Cinema Impero nel quartiere di Tor Pignattara ha un gemello funzionante ad Asmara, in Eritrea: il primo intervento di MACINE venne effettuato proprio in quel cinema. Una scritta a caratteri cubitali “Ci siamo trasferiti ad Asmara” segnalava il “trasferimento” dei gestori del cinema presso la città eritrea...
Avete avuto modo di fare una comparazione con qualche altra città europea?
A Parigi le cose vanno diversamente: il comune di Parigi ha deciso di acquistare il cinema Le Luxor, conservandone il ruolo di cinema di quartiere, sotto la spinta della mobilitazione da parte delle associazioni del quartiere, questo perché la Francia ha cercato di sviluppare un approccio alla cultura nel quale gli interessi economici e di rendita “fondiaria” (cui spesso sono soggetti gli immobili a Roma) vengono messi in secondo piano rispetto a quelli culturali. Gli enti locali hanno quindi la possibilità di finanziare i centri culturali, in particolare i cinema, che altrimenti non riuscirebbero ad essere autosufficienti.
Che accadrà nel prossimo futuro di Macine?
Al momento stiamo lavorando al progetto LOST MACHINE, un film che tratta della tematica dei cinema chiusi che però non sarà un documentario ma un film sperimentale e visionario, di cui adesso sono visibili alcuni teaser (ne esce uno al mese) sul sito www.macine.net
Gli articoli sul Festival del 2011 pubblicati da quotidiani e free press
Fotogallery 2 Novembre 2011 pubblicata su Repubblica.it
A Roma l'anti-festival del cinema chiuso
Tra interventi e street art SLOT ha organizzato in concomitanza con il Festival del film di Roma il primo Festival del cinema chiuso. Sulle facciate e nelle bacheche abbandonate delle decine di sale chiuse della Capitale gli attivisti hanno affisso manifesti, ognuno dei quali è l'opera unica di un artista diverso, dalla poster art alla fotografia, che nelle dimensioni rimandano alle classiche locandine degli spettacoli. La pubblica affissione è una dichiarazione, già fortemente utilizzata dalle avanguardie artistiche, della volontà di creare o rinnovare linguaggi e territori cittadini. L'iniziativa culminerà il prossimo 5 novembre con il red carpet presso il cinema Preneste. Nella foto, il cinema Airone
(a cura di Benedetta Perilli)
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Articolo pubblicato su Manifesto
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Articolo pubblicato su METRO Roma
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Articolo pubblicato su cult media magazine
Ecco a voi “Macine”, il primo Festival del Cinema Chiuso di Roma
Il 27 Ottobre è partito il Festival del Cinema di Roma e, come ogni anno, la settima arte è divenuta la grande protagonista della Capitale. Di pari passo con il Festival, l’evento che sfila sul red carpet, un gruppo di artisti ha deciso di farsi sentire attraverso un progetto che prende il nome di “Macine”. Si tratta del primo Festival del Cinema Chiuso, un’iniziativa che mette in evidenza la problematica situazione degli oltre quaranta cinema storici dismessi, abbandonati o trasformati in attività commerciali e mette in luce l’altra faccia del cinema capitolino.
“Macine” si svolge tramite l’affissione di Manifesti nelle bacheche, insegne e spazi esterni inutilizzati dei cinema di Roma in disuso. Ogni Manifesto èl’opera unica di un diverso artista e, con modalità che vanno dalla poster art alla fotografia, simula una reale programmazione, segnalando di conseguenza l’inattività delle sale cinematografiche coinvolte. Gli artisti si riappropriano così di spazi che un tempo erano destinati alla cultura e li rendono nuovamente fruibili.
Nulla di più evocativo di un Manifesto: i numerosi rimandi alle locandine degli spettacoli che non hanno più luogo strizzano l’occhio alle Avanguardie artistiche. Così oggi si riscopre la stessa volontà di cambiare o rinnovare i linguaggi e i territori della città.
La mancanza di relazione tra cinema e territorio è uno dei problemi maggiormente sentiti dagli artisti che partecipano a “Macine”. Uno scoglio che comporta sia il degrado delle sale storiche, sia la localizzazione di quelle nuove all’interno di strutture commerciali. Le nuove sale cinematografiche, asettiche e prive di rapporti con il contesto urbano e sociale, rispondono a logiche di distribuzione che escludono i lavoratori indipendenti.
“Macine” è un’iniziativa realizzata secondo la pratica SLOT, un’attività che presuppone la mappatura e l’osservazione speculativa di spazi abbandonati o parzialmente utilizzati, in vista di una riqualificazione strutturale e artistica.
di Marianna Camillò
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Articolo pubblicato su Roma today
03/11/2011
Il red carpet si sposta al Pigneto: riflettori sui cinema chiusi
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2011